La situazione politico – sociale di Milano e del suo territorio nella seconda parte del secolo XIII fu caratterizzata da un forte contrasto fra i nobili che erano raggruppati in un’associazione denominata Motta (adunanza) fortemente sostenitrice della Chiesa e la parte popolare che si identificava nella Credenza di Sant’Ambrogio cui appartenevano i Dalla Torre. Originari della Valsassina, si trasferirono a Milano ed entrarono presto, con tutta la loro potenza, nella lotta per il dominio della città, militando nella parte guelfa. La suddivisione tra guelfi e ghibellini fu una caratteristica delle città italiane di quell’epoca. Rispetto all’originale significato di sostenitori del papato (i guelfi) in contrasto con i sostenitori dell’imperatore (i ghibellini), nelle grandi città italiane questi schieramenti rappresentavano la contrapposizione di rivalità familiari finalizzate alla conquista del potere nell’ambito municipale. Con Martino Della Torre ha inizio la trasformazione di questa famiglia in una vera e propria signoria. Eletto anziano del popolo della Credenza di Sant’Ambrogio nel 1247, dovette sostenere una dura lotta contro le fazioni dei nobili appoggiati da Ezzelino da Romano, che sconfisse a Cassano nel 1259. Alla sua morte, nel 1263, il potere fu assunto dal fratello Filippo, capo della parte guelfa, che si oppose alla nomina ad arcivescovo di Milano di Ottone Visconti. Quest’ultimo, anni dopo, appoggiato dai nobili, sconfisse a Desio nel 1277 i Torriani guidati da Napo, che fu fatto prigioniero e rinchiuso nel castello di Baradello (Como) dove morì nel 1278. Tre anni prima, nel 1275, la rocca di Lacchiarella si trovò a dover subire gli effetti di questi scontri che si susseguivano incessantemente, con risultati alterni, tra il partito dei Torriani e i partigiani dei Visconti, casata emergente che eserciterà il potere negli anni successivi, come vedremo, nel milanese. Il borgo di Lacchiarella fu messo a ferro e fuoco e la rocca fu smantellata. Non fu però solamente un atto di guerra. L’eliminazione della rocca rientrava tra i progetti dei Torriani. Scrive, infatti, lo storico Giorgio Giulini che nell’ottocento ha dedicato numerosi volumi alla storia di Milano e della campagna circostante a pag. 626 (anno 1275) del volume IV: “L’esperienza aveva fatto conoscere ai Torriani che il troppo gran numero delle castella nel milanese invece di essere utile alla difesa, riusciva dannoso, perché era di una spesa immensa il presidiarle tutte: mal difese poi, facilmente divenivano il ricovero dei malcontenti e dei nemici. Di ciò dunque persuasi, ne avevano già fatte smantellare alcune, ed in quest’anno fecero lo stesso con molte e molt’altre nel contado di Milano”. Con la sconfitta di Desio possiamo considerare conclusa l’egemonia sul milanese dei Della Torre che furono costretti all’esilio. Ci fu per la verità un loro ritorno al potere a Milano nel 1302 con Guido Della Torre che, alleatosi con Filippone Langosco, signore di Pavia, e con Alberto Scotti di Piacenza, riuscì a spodestare Matteo Visconti. Quest’ultimo con l’aiuto dell’imperatore Enrico VII, disceso in Italia per la restaurazione del potere imperiale, ottenne che i Torriani fossero definitivamente espulsi da Milano dove peraltro erano scoppiati gravi tumulti popolari.