In origine non si chiamavano Sforza bensì Attendolo. Sforza fu un soprannome che il condottiero Alberico da Barbiano diede a Muzio Attendolo per il suo carattere prepotente e collerico. Erano facoltosi proprietari terrieri di origine romagnola. Alla morte di Muzio nel 1424 (morì annegato mentre tentava di salvare un paggio), gli subentrò il giovane Francesco che rivelò presto doti di valente uomo d’arme apprezzate da molti stati italiani che ne richiedevano la collaborazione. Il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, fin dal 1430 gli aveva promesso in moglie la figlia – ed unica erede – Bianca Maria. Il rapporto con il futuro suocero fu ambiguo e caratterizzato da continui passaggi di campo: ora con i viscontei, ora con i veneziani. Sposata Bianca Maria nel 1441 e morto il suocero nel 1447, dopo l’effimera esistenza della Repubblica Ambrosiana (1447 – 1450), Francesco Sforza fu proclamato Duca di Milano e, con la pace di Lodi nel 1454, ottenne il riconoscimento della propria signoria. Gli storici sono concordi nel riconoscergli notevoli qualità politiche nella gestione del potere: fu equilibrato nelle relazioni con le signorie italiane e con gli stati stranieri. Ebbe ottimi rapporti con Luigi XI re di Francia che gli concesse i possedimenti di Genova e Savona. Amò molto Milano ed il milanese. A lui si devono fra l’altro il completamento del castello denominato Sforzesco, la costruzione dell’Ospedale Maggiore, opera di Antonio Averulino detto il Filarete, la realizzazione del Canale della Martesana. I contemporanei così lo descrivono: “era di onorata presenza di vita, con bel volto e pieno di grazia e maestà. Non ebbe lettere, ma in ogni azione civile o militare parlava con tanta eloquenza, che l’avresti reputato perfetto oratore, pieno di prudenza e di giudizio”. Tra le tante opere da lui promosse e portate a termine dobbiamo ricordare anche il restauro della rocca di Lacchiarella mentre ne era podestà Biagio da Petrasanta. Ma non è questo il solo episodio che collega Francesco Sforza al nostro paese.
Nel 1458, come ha documentato Bernadette Cereghini nel suo libro “Un borgo di Lombardia – Storia di Lacchiarella”, Francesco Sforza diede in pegno la terra e il luogo di Lacchiarella ad Angelo Simonetta, segretario e consigliere ducale, creditore della camera ducale (l’erario) per la somma di 1250 ducati d’oro, prestati al duca quando questi aveva condotto al suo servizio Carlo Gonzaga. Francesco Sforza, come ricompensa alla fedeltà dimostrata da Simonetta, gli concedeva di godere e possedere Lacchiarella con tutti i suoi diritti ed introiti e cioè i dazi del pane e del vino, della carne e dell’imbottato – cum mero et mixto imperio et gladii potestate (il potere di esercitare la giustizia civile e penale). La storia successiva di Lacchiarella e della rocca resta così legata alle vicende e alle discendenze di Angelo Simonetta. La signoria degli Sforza si conclude con la morte di Francesco II Sforza nel 1535 che non lasciò eredi. Iniziò la dominazione degli spagnoli che sarebbero rimasti a Milano per 170 anni.